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Il 22 Novembre di 78 anni fa, moriva Don Giuseppe Gervasini, meglio conosciuto come “Pret de Ratanà”, vissuto dal 1926 al 1941 nella “Casa dei Miracoli” di Via F.lli Zoia,182, la prima casa del Borgo Linterno. Lo vogliamo ricordare con una scheda sintetica di Angelo Bianchi ed alcune immagini significative.

EL PRET DE RATANA’ E LA SOA GENT

Don Giuseppe Gervasini è nato a Robarello di Sant’Ambrogio Olona (Varese) il 1 marzo 1867, primogenito ed unico sopravvissuto di cinque figli di Antonio, tagliapietre del luogo e di Luigia Molinari, originaria di Bardello, sul lago di Varese. Compiuti gli studi di ginnasio e del liceo presso i Salesiani di Don Bosco in Piemonte, termina gli studi teologici nel Seminario Maggiore di Milano.

Viene ordinato sacerdote l’11 giugno 1892 nel Duomo di Milano dall’Arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana. Il primo incarico come Coadiutore lo ebbe alla Parrocchia di Pogliano Milanese, circa un anno dopo fu trasferito a Cabiate (Como), nel 1894 è a Milano a San Vittore al Corpo, nel 1895 a Dergano, nel 1896 gli viene data la Cappellania di Peregallo di Lesmo in Brianza , dal 1° giugno 1897 è a Retenate, frazione di Vignate, nella Cappellania dei conti Greppi, dove rimane per quattro anni. E qui comincia a diffondersi la sua fama di prete-guaritore ed il nome di “Pret di Ratanà” gli rimase per tutta la vita. Nel 1901 è in servizio come Coadiutore a Milano nella parrocchia del Redentore ed abita in via Pattari 2 vicino a Piazza Fontana, a due passi dalla Curia ambrosiana. È qui che cominciano ad arrivare a frotte gli ammalati, ai quali prescrive cure a base di erbe. Ma questa attività di prete erborista non è di gradimento della Curia (e neanche di molti medici); dopo un primo avviso, nel 1902 a Don Giuseppe viene comunicata la sospensione “a divinis”. L’anno successivo, però, viene “restituito in sacris”. La sua attività pastorale riprende ed eccolo “sacerdote addetto alla celebrazione delle messe” nella chiesa di San Bernardino alle Ossa, a due passi dal Duomo. Nel 1911 lo troviamo “sacerdote residente nella parrocchia metropolitana di Santa Tecla”, accanto al prevosto mons. Francesco Balconi. Nel 1926 passa alla parrocchia di San Giovanni Battista a Trenno e risiede alla cascina Linterno, in una modesta casetta con giardino, da lui comperata, e che ben presto si trasforma nella “casa dei miracoli”. La fermata del tram 34 di Via Forze Armate sarà per tutti la “fermata del pret de Ratanà”. Lui è un tipo brusco, ha un carattere bizzarro, lunatico. Parla e impreca in dialetto, ma è amico di tutti, ricchi e poveri. Non è maestro di eleganza e di buone maniere, è disordinato, porta una vestaglia nera tutta inzaccherata, ma la gente lo adora e c’è la corsa per chiedere un rimedio, un consiglio, un medicamento, una cura, un momento di conforto. E proprio qui a Linterno trascorrerà gli ultimi anni della sua vita fino alla morte avvenuta il 22 novembre 1941.

-“Ciàppa ‘stà érba  chì e falla bùj, béven on cugiàa a la mattìna, in còo a óna settimàna te gh’hee pù niént.” – Quanti ricordano ancora frasi come questa, pronunciata dal Pret de Ratanà, o sentite ripetere dalle nonne e dalle mamme? Da lui per farsi curare negli anni fra le due guerre arrivavano persone da tutti i luoghi, perfino da Roma e anche dalla Svizzera, gente del popolo e personaggi illustri. I suoi erano rimedi naturali, dava agli ammalati le erbe che raccoglieva nel suo orto: timo, rosmarino, maggiorana, menta, malva, gramigna, camomilla, biancospino, aglio e quello che raccoglieva nei boschetti o sulle rive dei fontanili. Curava con l’acqua limpida e fresca del fontanile Marcionino che gli passava sotto casa, prescriveva bicarbonato e lievito di birra, faceva attaccare sanguisughe dove c’era da togliere il sangue guasto, dava da mangiare scodelle di zuppa e spesso anche frutta e dolci raffermi e muffi. Tratteneva a pranzo tutti quelli che venivano da lontano, con una mano prendeva la roba che gli regalavano e con l’altra la distribuiva a chi ne aveva bisogno. Gli bastava un’occhiata per capire di che cosa aveva bisogno l’ammalato per guarire. Don Giuseppe non era un mago; aveva una profonda conoscenza di anatomia e patologia, che imparò da autodidatta durante il militare. Di Don Giuseppe diranno che era un santo, un guaritore, un veggente, un esorcista, un mago, un istrione ed uno spretato. Centinaia di malati giureranno di essere guariti solo grazie a lui. La verità è che aveva tanta conoscenza del cuore umano ed uno spiccato amore per le erbe che gli permettevano di curare la gente e gli animali. Aveva anche un senso particolare, riusciva ad intuire sempre al primo momento il male delle persone.

La vita di Don Giuseppe è un pezzetto della storia di Milano, una storia dove si mescolano dolore, povertà, preghiera, fede, venerazione, speranza, esaltazione e mistero. Era anche e soprattutto un prete intelligente.

Tratto da “El Pret de Ratanà e la Soa Gent” di Angelo Bianchi – Associazione “Amici Cascina Linterno”

G.B. – Associazione Amici Cascina Linterno
Miglior Associazione di Volontariato (Milano Storytelling Awards)